Da "ON IMPULSE!" - Sonny Rollins -
Nel capitolo dedicato a Sonny Rollins in Jazz masters of the Fifties (Macmillan), Joe Goldberg cita il jazzista Steve Lacy: "Non ho mai visto nessuno così innamorato del sax tenore come Sonny Rollins. Lui lo ama e lo capisce veramente. Ne conosce ogni segreto". Tuttavia quest'amore non è una relazione passiva. C'è una costante sfida tra Rollins e il suo sax. Non ho mai visto un musicista jazz più autocritico, e perciò non rimasi sorpreso quando Rollins sparì dalla scena del Jazz tra il 1959 e il 1961. Volle prendersi del tempo per far pratica, studiare e pensare. Essendo una persona risoluta, si prese il tempo necessario.
Negli anni che seguirono, Rollins, tutte le volte che suonava il sax tenore continuò a mettersi alla prova; nei club, durante i concerti e nelle incisioni. In questo periodo risolvette il proprio problema relativo alla disciplina dello spirito proteso all’autenticità. Sebbene fosse in grado di comporre, a quel tempo non produsse nulla. Quel periodo trascorse velocemente grazie al suo forte senso dell'ordine strutturale. Ci fu molta retorica sull'improvvisazione di un jazzista in grado di comporre mentre suona; ma in realtà relativamente poche persone dispongono della capacità di un'organica coesione mentre sono in azione. Rollins invece sì.
Inoltre Sonny ha un immediato controllo di sé stesso. Sin dalle prime note di On Green Dolphin Street, non esistono sbavature, non solo nella stessa timbrica del sax, nell'accento ritmico e nel fraseggio, ma anche nella forte spinta della sua personalità musicale. Sonny ne è consapevole. Oltre alla flessibilità nel personalizzare i brani, ciò che vale la pena ascoltare, è l'assolo di Ray Bryant, molto ben strutturato ed in continua evoluzione. Inoltre è bene far attenzione alla ritmica chiara e precisa di Walter Booker e di Mickey Roker con l'assolo di Booker, ingegnosamente energico. A mio giudizio, il suo modo di suonare è il risultato della fusione della coraggiosa melodia di bassisti più giovani con la sensibilità percussiva di Wilbur Ware.
Rollins è stato per molto tempo incuriosito dalle possibilità nascenti dall'esplorazione e dalla rivisitazione di brani classici popolari che raramente sono stati presi in considerazione dagli altri jazzisti. Lo testimoniano le cinque incisioni di questo disco. Ciò che rende il suo modo di affrontare questi brani in modo ostinatamente provocativo, è la sua abilità nella tematica dell'improvvisazione. La linea melodica fluente, per esempio, che si prolunga in Everything Happens To Me, porta il brano in una dimensione che non ci si aspetta di trovare, sia per la conformazione che per la carica emotiva.
In questo brano, come negli altri, un'altra impronta di Rollins la si può trovare nel fascino della struttura. Arrotondando le note, sfumando l'inizio, alterando il modello del fraseggio, egli ottiene una straordinaria sfera di colori che fluiscono sottilmente dal suo sax. Bisogna naturalmente aggiungere la vivace lucidità della sua pronuncia e il risultato nel suo insieme, che si miscelano con energia. E' interessante notare come in Everything Happens To Me l'aggressivo e pungente inizio di Rollins, sia bilanciato dall'invitante slancio lirico di Bryant e dall'assolo di Walter Booker che si richiama ad una ricerca introspettiva.
Hold 'Em Joe, essendo un Calipso, è un punto di partenza adatto a Rollins. Spesso Sonny utilizza le caratteristiche prevalenti in questo genere di musica: sonorità beffarde e briose. Nella parte del libro su Rollins relativa a tale aspetto, Joe Goldberg avrebbe potuto commentare questo brano quando parlò del suo "insolente swing" e quando notò che "la forte sensazione di dance music" è decisamente presente nella maggior parte del suo lavoro.
Blue Room rappresenta l'abilità di Rollins nello scremare una melodia da tutto ciò che è superfluo - riducendola all'osso - prima di costruire un'imprevedibile ma accuratamente razionale e mutevole impalcatura su quella robusta ossatura. E mentre lo fa, dà vita ad una base ritmica avvincente e straordinariamente duttile. Maestro nell'uso appropriato dell'intervallo, egli introduce astutamente anche ritmi ballabili. Il modo in cui Sonny gioca con la ritmica, contrasta con l’assolo superbamente pulsante e scorrevole di Ray Bryant, frutto di una visione più convenzionale.
Three Little Words è una chiara dimostrazione della naturalezza di Sonny nel saper improvvisare per parecchio tempo ed a ritmo sostenuto. Senza giocare sugli accordi, o senza comodamente incastonare logori artifici melodici, Sonny dà vita, con la sua agile immaginazione, ad intrecci complessamente interconnessi. Ed indipendentemente dalla vivacità del tempo, la limpidezza della struttura rimane inalterata. L’assolo finale di Sonny in questo brano, è uno splendido esempio della completa padronanza del tempo di cui sopra. È qualcosa di più di un tour-de-force; è in grado di far raggiungere all’ascoltatore il cuore dell’intimità, con una vitalità ritmica che ogni migliore musicista jazz che improvvisa, dovrebbe saper ottenere.
Jim Hall ha descritto la sua collaborazione con Sonny Rollins come: "Guardare Picasso mentre dipinge, o Thomas Wolf mentre scrive", cioè contare tra le altre cose, sull’enorme e costantemente sgorgante creatività di energia di quest’uomo, come pure sulla sua perseveranza nel cercare di immergersi in ciò che suona. Come ha aggiunto Art Blakey: "Non ho mai visto una persona così determinata".
Questa combinazione di forze, musicalità, prodigiosa abilità, virtuosismo, coraggio e determinazione, fanno di Sonny uno dei musicisti jazz capaci di mettere in evidenza l’esattezza dell’affermazione fatta da Whitney Balliett sulla musica jazz come "la melodia della sorpresa". E Sonny fa più che sorprendere; si fa ascoltare in un modo completamente nuovo, che si pensava non sarebbe mai esistito. Ascoltate questo disco una volta, e poi una volta ancora, e potrete sentire sempre qualcosa di nuovo.
—Nat Hentoff